Nel 1993, anno in cui iniziai a meditare, ci fu un periodo in cui spesso sognavo di lavorare.
Una volta mi trovavo per strada in un paese sconosciuto, dopo la giornata di lavoro, e volevo andare a casa. Ma mi guardavo indosso e mi vedevo ancora in divisa, con le ciabatte e senza borsa. Non avevo l’abbonamento del treno e nemmeno i soldi per il biglietto, così mi preoccupavo. E non sapevo neppure che strada prendere per andare in stazione. Vedevo piazze e strade grandi, molto grandi.
Un’altra volta mi ricordo che camminavo in cerca della stazione ferroviaria ma non riuscivo a trovarla. Passando vicino ad una casa, vidi due coniugi seduti fuori casa e domandai loro: “Va bene di qua per andare in stazione?” Mi indicarono la strada giusta e poi mi svegliai.
Questi sogni erano frequenti ed era sempre la stessa storia. Era come un incubo.
Poi cambiò, i sogni diventarono belli.
Una volta mi trovavo a lavorare per un padrone che non conoscevo. Anche il paese mi era sconosciuto. Sapevo, però, che avrei fatto da segretaria a questo ricco signore. Mi trovavo seduta all’aperto in una fattoria. Sul tavolo che avevo davanti c’erano carte, un blocco per gli appunti, soldi e una matita che serviva per fare i conti e pagare gli operai di quella fattoria alla fine della giornata lavorativa. C’era una lunga fila di operai; uno per volta si fermavano davanti al mio tavolino per ricevere la paga. Tutto andò liscio fino a che arrivò il turno di un uomo piuttosto giovane il quale, leggendo il biglietto con i conti che avevo appena fatto e che gli avevo dato insieme ai soldi della sua paga, lo guardò perplesso e mettendolo sul tavolo insieme al denaro, mi disse: “Questi non sono giusti! Ha sbagliato”. Io lo guardai interrogativa. Nel mentre, arrivava un altro operaio che era stato appena pagato il quale sussurrò qualcosa all’orecchio del contestatore. Anche se aveva sussurrato per non farsi sentire da me, io lo sentii lo stesso. Aveva detto: “Ma sei matto! Lo sai chi è quella? È la segretaria del padrone. Prenditi i soldi e vieni via.” Allora si riprese i soldi e il biglietto scusandosi, gentilmente mi salutò e andò via. Io continuai il mio lavoro e dopo mi svegliai.
Un’altra volta, come se fosse una continuazione di questo sogno, il padrone venne a trovarmi sul lavoro. Prima che arrivasse, mi guardai attorno. Mi trovavo in un ampio spazio che poteva essere una piazza; era piena di operai tra cui notai una persona simpaticissima. Un uomo che si trovava vicino a me capì chi stavo guardando, mi venne vicino e disse: “Vedi! Quello è il padrone.” Dopo, questo signore, il padrone, molto educatamente, venne da me per congratularsi per il lavoro che svolgevo. Era un uomo non tanto alto, con capelli ricci e baffi bianchi. Mi cinse le spalle con un braccio dicendomi che il lavoro andava bene. Era molto simpatico, mi salutò e andò via.
Ero meravigliata di questi sogni. Mi domandavo cosa significassero. Poi intuii che riguardavano il mio progresso spirituale. Erano un invito a lavorare su me stessa per arrivare alla Meta che mi ero prefissa. I primi sogni rappresentavano gli ostacoli da superare; non trovavo la giusta via ed ero spaesata; quelli seguenti mostravano i miei progressi: avevo cambiato ruolo con mansioni di maggiore responsabilità. Il padrone era contento, infatti venne a congratularsi con me.